Creati nel 2015 da un’idea dell'artista di Hong Kong Kasing Lung e prodotti a partire dal 2019 dall'azienda cinese Pop Mart, i Labubu sono l'icona del momento: tutti ne vanno pazzi, bambini, ragazzi e anche adulti.
I Labubu sono un felice mix di cultura nerd, design altamente riconoscibile e strategie di marketing efficaci (hype, gamification, scarcity…), pupazzi carini ma un po' inquietanti che stanno creando in molti Paesi del mondo un’isteria collettiva, spingendo giovani e meno giovani al collezionismo compulsivo: una sorta di amuleto che si vuole portare sempre con sé, attaccato al proprio zaino o borsa, ben visibile allo sguardo degli altri.
Disponibili in oltre 300 colori, forme e dimensioni, inclusi ciondoli e portachiavi, i Labubu si distinguono per un'estetica che unisce atmosfere dark e fiabesche a uno stile kawaii di ispirazione giapponese che evoca dolcezza e innocenza.
Insomma, Labubu è un peluche tenero e creepy allo stesso tempo, una vera moda che sta spopolando tra grandi e piccoli e anche una riuscitissima operazione di marketing.

A chi è stato bambino negli anni Ottanta e Novanta, forse i Labubu possono ricordare i Mon Cicci, o Monchhichi, pupazzi giocattolo simili a scimmie originari del Giappone, assai diffusi in Italia a quell’epoca: nella versione peluche, i Labubu, come i Mon Cicci, sono creature dal pelo lungo che ricopre tutto il corpo, testa inclusa, lasciando scoperti solo faccia, mani e piedi realizzati in vinile. Nel caso dei Labubu, però, l’aspetto è volutamente gotico, caratterizzato da denti affilati e sporgenti, orecchie appuntite (da coniglio), occhi grandi molto espressivi e un sorriso furbo che sembra quasi un ghigno.
A livello di storytelling emozionale, dalla serie di libri illustrati The Monsters di Lung, di cui i Labubu sono solo uno dei personaggi, sappiamo che questi peluche che stanno facendo impazzire il mondo sono esseri fantastici ispirati a leggende nordiche e vivono in una tribù composta di sole femmine (il character Labubu, nonostante venga comunemente percepito come un maschio, è in realtà una femmina). A dispetto dei suoi denti aguzzi, è in genere descritto come una creatura gentile e desiderosa di aiutare.
Tutti i Labubu sono caratterizzati da colori pastello, mentre Zimomo, il loro capovillaggio (maschio), si distingue per il colore marrone e la coda da dinosauro… Impossibile a questo punto non fare un salto indietro nel tempo e nella memoria fino ad un altro grande fenomeno da collezionismo degli anni Ottanta: I Puffi, che vivevano in un villaggio nascosto nel cuore della foresta. Lo stesso Lung ha rivelato in un’intervista di essersi ispirato proprio al capovillaggio Grande Puffo per ricreare le dinamiche di leadership fra lo Zimomo e le Labubu.
I peluche Labubu sono curati nei minimi dettagli, dalle texture agli outfit personalizzati, con arti e testa completamente ruotabili: una realizzazione simil artigianale che sicuramente trasmette la percezione di una qualità elevata. Tutto ciò, unito al design moderno e facilmente identificabile, rende questi pupazzi interessanti per un pubblico trasversale su più generazioni.
Tuttavia, se confrontati con giocattoli da collezione che sono diventati iconici negli ultimi decenni, anche contaminando ambiti diversi rispetto al settore merceologico di partenza, come Barbie, Lego, Pokemon, Puffi, Hot Wheels, My Little Pony e altri, i Labubu non sono certo i più belli (leggi: quelli più appealing), i più eleganti o funzionali (quelli con il miglior design), e neppure i più ironici o etici (quelli con il messaggio più interessante), per citare alcuni parametri che possono contribuire all’affermazione di un prodotto sul mercato e alla sua longevità.

Ma allora perché bambini e adulti impazziscono per i Labubu?
Alla base del successo dei Labubu c’è sicuramente una strategia di posizionamento sul mercato complessa e articolata, che coniuga dinamiche di marketing a ricompensa variabile (tipo slot machine e gashapon machine) con senso di esclusività, forte presenza sui social media con celebrities endorsment, e limited edition realizzate tramite collaborazioni strategiche con vari artisti e brand.
La grande intuizione di Pop Mart, produttore di Labubu, è stata ibridare il collezionismo puro di “vecchia maniera” con il concetto più moderno del collectible toy – gadget, miniature e pupazzetti veicolati in imballaggio cieco, tipicamente in bustina, tramite edicola e più di recente attraverso le raccolte a punti di supermercati, distributori di carburante e altri retailer – per arrivare a qualcosa di ancora diverso: una vera esperienza ludica (prodotto venduto in blind box con scarsità pianificata e comunicata al pubblico) e digitale (hype marketing con eventi di unboxing e collection reveals sui social media, in particolare, su Tik Tok) che affascina, coinvolge e fidelizza il consumatore.
L’elemento sorpresa (il non sapere a priori quale Labubu uscirà dalla confezione) è parte fondamentale dell’esperienza di acquisto del prodotto, così come la scarsità pianificata: l'obiettivo, comunicato all’acquirente, è proprio quello di trovare la versione più rara di Labubu, con solo 1 possibilità su 72 di ottenerla secondo le stime rilasciate dall'azienda stessa, o addirittura, 1 su 144!
Al possesso dell’oggetto in sé, si aggiunge quindi l’esperienza della suspence e della scoperta. Un po’ quello che succede da decenni con le figurine adesive da attaccare agli album vendute in pacchetti con assortimento “random”, dove la possibilità di (non) trovare le cosiddette “doppie” rappresenta una parte consistente, se non prevalente, del piacere d’acquisto (anche nel caso delle figurine in realtà c’è una programmazione della ricorrenza delle doppie, ma non viene comunicata al consumatore).
Certo, per i Labubu, parliamo di un prezzo base intorno ai 20 euro per singolo pupazzo, ben diverso rispetto a quello di un pacchetto di figurine. Qualora poi si punti ad uno specifico modello di Labubu, si possono superare facilmente i 100 euro sul mercato secondario, fino ad arrivare ai 2.000-3.000 euro degli esemplari più rari, o anche 4.000 per i pezzi artistici o di design, diventati oggetto di culto tra i collezionisti d’arte e di giocattoli in tutto il mondo.
A dare una spinta ulteriore al fenomeno Labubu, hanno contribuito anche le celebrities. Per prima, Lisa, la superstar della K-pop band Blackpink, che attraverso il web ha mostrato entusiasta al pubblico la sua collezione di Labubu. A seguire, anche altre icone fashion internazionali come Rhianna, Chiara Ferragni e Dua Lipa hanno dato visibilità a questi peluche, diffondendo la moda di agganciare un Labubu alla propria borsa, per dare un tocco di colore che sdrammatizza e rende il look divertente e moderno.

I modelli di Labubu più diffusi sono alti tra i 10 e i 37 cm. La versione in peluche e vinile che di solito si attacca a zaini e borse è alta 17 cm circa. Quindi, decisamente molto visibile! E’ così che, attraverso l’esempio dato delle celebrità, Labubu è diventato un accessorio moda da portare e mostrare in giro per la città, un “piccolo lusso” accessibile che le persone si concedono anche in tempo di crisi.
Labubu esce in questo modo dalla sua connotazione di giocattolo e diventa espressione di sé, della propria identità, un vero status symbol.
In generale, alla base del fenomeno del collezionismo, accanto allo status, al prestigio legato al possesso, alla volontà di fare un investimento economico, alla curiosità personale e alla passione per l’attività di ricerca, spesso c’è anche una motivazione psicologica: di fronte ad emozioni negative come la solitudine o l’ansia, le persone possono trovare conforto nell’acquisire oggetti.
Nel caso dei Labubu, il meccanismo di collezionamento può essere, anche inconsapevolmente, mirato a colmare quel vuoto sociale ed emotivo sempre più diffuso nella nostra società. Labubu si trasforma così anche in elemento di socializzazione, simbolo di appartenenza alla comunità. Se trovi un Labubu raro e lo mostri sui social media, ti arrivano tantissimi commenti e like: è racconto di sé, un modo per dire "piaccio, quindi sono, esisto".
Entrare in possesso di un oggetto desiderato, soprattutto se si tratta di un'edizione speciale, senza un esborso economico rilevante, può farci sentire capaci, bravi, fortunati, ma anche più sicuri di noi, in qualche modo invidiati (il che non da tutti e non sempre è ritenuta una cosa negativa…).
Possedere un Labubu di tendenza è diventato inoltre un segnale di appartenenza a specifiche subculture (ad esempio streetwear, nerd o K-pop).
Il fenomeno Labubu partito nel 2019 è esploso in Asia lo scorso anno. E' arrivato al grande pubblico in Italia solo nella primavera del 2025. Al momento c’è un unico punto vendita di Labubu nel nostro Paese, in corso Buenos Aires a Milano, che registra file interminabili a ogni nuova uscita del prodotto. Dal 3 giugno al 1° luglio è stato attivato un temporary store di Pop Mart presso la Rinascente Milano in piazza Duomo. Un secondo store ufficiale del marchio dovrebbe essere aperto in Italia per la fine di luglio, ma notizie certe ancora non ce ne sono.
Un altro punto di forza di Labubu è proprio la distribuzione: la domanda supera l’offerta in modo schiacciante. I prodotti si esauriscono online nel giro di qualche minuto e nei pochi negozi disponibili è necessario fare ore di attesa per l’acquisto. Questo crea desiderabilità in base al FOMO (Fear of Missing Out), una strategia di marketing che sfrutta la paura di perdere un'opportunità per spingere i consumatori all'acquisto. L’idea alla base di questo meccanismo è che, vedendo gli altri partecipare o usufruire di qualcosa, si produca nel consumatore il desiderio di non restare escluso e quindi un’azione d'impulso.
La forte domanda di Labubu ha creato sui social anche un fiorente mercato di falsi, soprannominati “Lafufu”, e contribuisce ad alimentare prezzi elevati di rivendita.

A maggio 2025 nel Regno Unito la Pop Mart ha dovuto sospendere in via temporanea le vendite di Labubu per segnalazioni di litigi e caos nei negozi: la gente era come impazzita alla ricerca del modello mancante.
La vendita di Labubu attraverso blind box è finita sotto osservazione non solo in UK ma anche in Cina, per il suo potenziale legame con la ludopatia, una condizione patologica caratterizzata da un bisogno incontrollabile di giocare d'azzardo nonostante le conseguenze negative che comporta a livello personale, economico e sociale per l'individuo. Il parallelismo con l’acquisto compulsivo dei peluche Labubu è evidente: la scarsa probabilità di trovare le edizioni rare genera un’intensa ondata di dopamina, creando un profondo attaccamento emotivo non solo all’oggetto, ma all’intero processo.
La Pop Mart, nel mese di maggio 2025, grazie all'impennata del titolo in borsa ha guadagnato 1,6 miliardi di dollari in un solo giorno e in questo momento in alcune fasce demografiche è più influente del colosso dei giocattoli Mattel. Wang Ning, fondatore dell’azienda, è diventato uno dei dieci uomini più ricchi della Cina.
Oggigiorno, il prodotto da solo non basta più per vendere, deve intrecciarsi sempre più con la proposizione di esperienze di coinvolgimento emotivo e appartenenza sociale.
Pop Mart con Labubu offre proprio questo: un prodotto che, attraverso una strategia di marketing e vendite basata su mistero e scarsità programmata, è anche e soprattutto un'esperienza emozionale e, attraverso il rituale collettivo dell’unboxing e della caccia all’esemplare raro, catalizza l’attenzione della società e diventa irresistibile oggetto del desiderio per tutti: bambini, ragazzi e adulti.