Ormai, al giorno d’oggi, dovrebbe essere acclarato che non esistono colori da maschi e colori da femmine. Così come non esistono giochi da bambino e giochi da bambina.
Eppure, se dobbiamo fare un regalo al figlio o alla figlia di una coppia che non conosciamo molto bene, non ci affidiamo forse agli stereotipi di genere? Tutina rosa o bambola se è una femmina, tutina azzurra o macchinina se è un maschietto. Lo facciamo per essere sicuri di non entrare in territori sconosciuti. Per non sbagliare.
Lo stereotipo è una regola non scritta che serve a muoversi all’interno di una società, a dare ordine alle cose. L’essere umano ha bisogno di convenzioni. Tracciare dei confini, mettere delle etichette ci rassicura, ci tranquillizza. E lo facciamo anche con i nostri bambini sin dal momento in cui decidiamo che colori prevarranno nel loro corredino e quali giocattoli ci saranno nella loro culla. Ci fa pensare, a livello più o meno conscio, che stiamo dando i messaggi giusti ai nostri figli. Poi i bambini crescono e le cose diventano molto più complicate…
Noi siamo geneticamente composti di elementi maschili e di elementi femminili e quindi pensare a una divisione netta fra i sessi in cui gli uomini avrebbero solo caratteristiche maschili e le donne solo femminili è riduttivo, oltre che poco corretto. Inoltre, anche il contesto influisce sul comportamento degli individui. L’uomo è un essere complesso, il risultato di tanti fattori. Cercare di ricondurre il gioco dei bambini all’interno di binari preordinati può essere limitante, in alcuni casi anche dannoso per il loro sviluppo.
Molti giochi permettono ai bambini di assumere dei ruoli di fantasia, e in questo modo di misurarsi con sé stessi e con gli altri, uno su tutti, il gioco dei travestimenti, che li aiuta fra l'altro a coltivare il pensiero critico e ad acquisire sicurezza, rinforzandone così, positivamente, l'autostima. Il bambino spesso nel gioco si identifica con i genitori, a volte con la madre, a volte con il padre, e pian piano costruisce e definisce la sua identità. Non c’è proprio nulla di male se, giocando, un maschietto fa finta di cucinare o di riordinare la casa, se culla il bebè o gli cambia il pannolino, anche perché da grande potrà trovarsi a fare queste attività nella sua famiglia. Per fortuna sempre più padri si occupano a 360 gradi dei loro bambini. Sulle faccende domestiche, la bilancia pende purtroppo ancora molto a sfavore delle donne, almeno in Italia. Per quando riguarda le bambine, si fa un gran parlare della diversa predisposizione della popolazione femmile e maschile nei confronti delle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), ma quasi ci dispiace se da piccole giocano con le macchinine o prediligono i giochi di movimento...
In Spagna a dicembre è andato in vigore un nuovo codice di autoregolamentazione della comunicazione pubblicitaria mirato alla realizzazione di spot egualitari, veritieri, inclusivi e costruttivi, nei messaggi e nel linguaggio. Particolare clamore hanno suscitato, anche a livello internazionale, le norme rivolte all’annullamento degli stereotipi di genere. L'intenzione del legislatore è chiara: superare l’atavica distinzione tra giocattoli per bambini e bambine per favorire una cultura plurale ed egualitaria. Si raccomanda nello specifico di evitare spot in cui i giochi per le bambine vengano associati a ruoli di “cura, lavori domestici e bellezza personale”. Allo stesso modo, i giochi che propongono “la sperimentazione, l’attività fisica o lo sviluppo tecnologico” non dovranno più essere rivolti soltanto ai maschi. Anche le propensioni, le curiosità e i colori vengono liberalizzati. Si vietano, inoltre, le immagini sessualizzate delle ragazze, che non devono apparire truccate da donne adulte o essere indicate come sexy, per evitare di incentivare il "consumo" visivo dei corpi e la sessualizzazione della donna, purtroppo molto diffusa nella società attuale. Viene poi stigmatizzata "la discriminazione per qualsiasi motivo: etnia, disabilità, genere…", così come il bullismo, vietandone qualsiasi immagine che possa incoraggiarlo o evocarlo.
Fin qui tutto bene. Perché questa è la teoria e quando si resta nel campo dei principi, al di là di ogni credo politico, viene abbastanza naturale essere d'accordo. Ora veniamo alla vita di tutti i giorni. Se al nostro bambino di sette anni piace giocare con la Barbie della sorellina più piccola, e ce ne chiede una in regalo per il suo compleanno, avremo il coraggio di comprargliela?
Proviamo adesso a immaginarci nostro figlio che gioca con la sua nuova Barbie. Quali emozioni l’incontro fra i due sarà in grado di generare? Avrà l'opportunità di sperimentare e imparare nuove cose? Noi genitori conosciamo nostro figlio meglio di chiunque altro. Forse dovremmo focalizzarci solo su questo.