I blog nascono spesso da vissuti personali, dall'esigenza di raccontare qualcosa di personale per trovare uno spazio di confronto, e così è successo anche a Valentina Desario, quando in piena pandemia le era stato chiesto di rientrare in ufficio tutti i giorni, con un bambino piccolo, gli asili chiusi e le complicazioni insormontabili di quel periodo che ricordiamo tutti.
All'epoca gestiva un team editoriale e avrebbe potuto continuare almeno per quel periodo a farlo da remoto: davanti a quell'ennesima richiesta, in quel momento realmente impossibile da soddisfare, ha sentito che era giunto per lei il momento di voltare pagina e allontanarsi dalle solite dinamiche.
Questo è l'incipit di una storia come ce ne sono troppe, ogni giorno, ed è proprio da qui che è nato il suo desiderio di riflettere sulla maternità e sul ruolo della donna ai nostri giorni. Ma qualcosa in più sul blog Stancamente Mamma e sui temi che affronta ce lo facciamo dire direttamente da Valentina che di testimonianze ne raccoglie di continuo proprio con il suo contatto quotidiano con molte realtà.
Stancamente Mamma ha un taglio editoriale volutamente molto diverso rispetto alle storie patinate che si trovano su Instagram, o che affollano il Web: storie di perfezione, storie che spesso raccontano e rappresentano una sola parte della realtà, che è ben più complessa. E prende allo stesso modo le distanze anche da quei racconti un po’ tragici che vedono la mamma come eterna vittima; prova a offrire uno spaccato sulla sfaccettata realtà di un mondo non sempre facile da raccontare senza cadere nei soliti stereotipi.

Valentina, ci dici di che cosa sono stanche le mamme?
Le donne di oggi affrontano quotidianamente nuove sfide rispetto al passato; la realizzazione personale ha un orizzonte più ampio rispetto a quello della famiglia e dei figli, è nel riuscire a esprimere il proprio potenziale, personale e lavorativo. Proprio qui per molte donne iniziano i problemi: conciliare le esigenze familiari e quelle lavorative in questo Paese è una vera e propria impresa. I servizi legati all'infanzia hanno costi spesso proibitivi e la mentalità dominante vede la donna che diventa madre un problema per l’azienda. Non è sempre così, ma lo è ancora molto spesso. Non è un caso che troppe madri rinuncino al lavoro già entro il primo anno del bambino. Oltre a questo, la società è molto cambiata; se prima la famiglia di origine era un supporto imprescindibile, adesso questo non è più tanto scontato. I nonni in molti casi lavorano ancora, spesso vivono lontani, o semplicemente non hanno più voglia di farsi carico della gestione dei bambini.
Una volta perso il lavoro, ricollocarsi è una grande sfida. Non so esattamente di che cosa siano stanche le mamme, ma so esattamente di che cosa ero stanca io: continuare più o meno implicitamente a "farmi perdonare" di avere un figlio.
Secondo te è fondamentale oggi avere una rete di supporto quando si mette al mondo un figlio?
Penso che il più grande regalo che si possa fare alle nuove generazioni sarebbe quello di dire loro la verità su che cosa comporti realmente avere una famiglia, e metterle così in condizione di compiere scelte mature e consapevoli.
Noi donne spesso viviamo nell'idea e nel mito che tutto sarà facile grazie al nostro istinto materno e all'illusione spesso poi disconfermata dalla dura realtà, ovvero che accorrerà qualcuno in nostro aiuto. In realtà non è affatto scontato che questo avvenga e spesso le coppie rimangono scottate dallo sperimentare una grande fatica non condivisa praticamente con nessuno: non è raro che tutti si defilino. L'istinto materno va bene, ma bisogna anche mettersi in condizione di fare una vita decente, e per farlo in certi casi è bene sapere prima di che cosa si avrà bisogno e fare in modo di averlo. Ecco, bisognerebbe dire la verità, ovvero che è necessaria anche molta organizzazione, che questa organizzazione richiede un impegno anche economico e prepararsi ad affrontarla, anche concretamente, pensando seriamente su che tipo di supporto si possa contare o meno. E nei casi in cui quel supporto familiare non c'è, per qualsiasi motivo, pensare prima a come fare, arrivando già pronti ad avvalersi di supporti esterni che permettano di alleggerire il carico. Al di là delle belle parole, organizzarsi da prima, in modo da poter vivere al meglio l'esperienza di diventare genitore, che almeno per me è un grande privilegio e un'esperienza trasformativa meravigliosa.
In poche parole: meno racconti mitologici e più concretezza.
Pensi che un blog di mamme possa avere una funzione sociale?
Quando è nato mio figlio, proprio su un gruppo Facebook del mio quartiere ho conosciuto delle mamme. Ogni mattina ci incontravamo e stavamo qualche ora insieme. Parlavamo di tutto quello che riguardava i bambini gironzolando per il parco, ma in fin dei conti mai di noi. Nessuna aveva il coraggio di manifestare la minima sfumatura di sconforto, ma tra mamme questo succede sempre. Questo l'ho scoperto poi negli anni, come se riconoscere anche una semplice difficoltà ti rendesse "meno mamma", meno capace o meno grata alla vita per questa esperienza. Di persona sembra sempre tutto più semplice di quello che è, poi però le stesse mamme quando si trovano a confrontarsi ad esempio sui gruppi Facebook si confidano e raccontano la loro verità.
In questo senso sì, un blog di mamme può avere certamente una funzione sociale; molte donne nella vita quotidiana non si sentono capite, un po’ sono loro stesse ad aver timore di essere autentiche per paura dei giudizi, un po' i giudizi in effetti arrivano per davvero. Tutti possono sbagliare ma alle madri questo viene perdonato molto poco, e in generale dà anche molto fastidio quando si lamentano: lo stereotipo dominante è quello della mamma perfetta che in virtù dell'amore per i figli sopporta ogni cosa, possibilmente con un bel sorriso. Sappiamo bene non solo che non è giusto, ma che questo ci fa anche molto male.
Il blog Stancamente Mamma è nato in un momento in cui io stessa avevo bisogno di condividere. Cercavo un confronto con donne della mia età su diversi temi. Poi mi sono resa conto che effettivamente il mettere in comune le esperienze poteva avere una valenza positiva per le altre madri. In realtà, nel blog, io non parlo mai direttamente della mia vita privata. Si tratta soprattutto di condividere esperienze che capitano a me dalle quali possa scaturire qualche spunto di riflessione. Sono stati d’animo, frammenti di vita. Nei vari momenti della maternità sperimentiamo un po' tutte le difficoltà legate alle varie tappe di crescita. Ma anche felicità, insieme alla paura di non riuscire a godersi appieno tutti i momenti. Ricevo molti messaggi di mamme che mi scrivono 'ti leggo e mi sento parte di qualcosa', 'ho smesso di pensarmi sempre sbagliata o manchevole'. E questo, ovviamente, mi fa piacere.
Le mamme tendono a nascondere le proprie difficoltà nella vita quotidiana?
A volte facciamo qualche piccolo accenno a un problema, e appena percepiamo anche un minimo giudizio, ci ritraiamo nuovamente. Non so perché, abbiamo sempre timore di non essere all'altezza delle nostre stesse aspettative. A volte chi è intorno a noi prova magari semplicemente a offrire uno spunto di riflessione diverso, ma è come se fossimo ipersensibili anche solo all'idea di essere criticate.
Secondo me questo non ci fa bene: confrontarci con altri punti di vista e modi di vedere la realtà spesso può essere un buon modo per allargare i propri orizzonti; su questo facciamo ancora una gran fatica. Pensando proprio a questa fatica, ho creato all'interno del blog una nuova sezione, chiamata "Confessioni", rigorosamente anonima, dove chi vuole può raccontare le sue difficoltà, sfogarsi, condividere un traguardo: è uno spazio libero che permette a chi vi accede non solo di leggere altri racconti di vita, ma di riflettere e raccogliere i propri pensieri. Anche un blog di mamme può diventare un punto di incontro più reale che mai, in cui possiamo sperimentare ciò che nella vita reale sembra sempre più un lusso: quello di essere noi stessi.